Caso Apple: garanzia di un anno sui propri prodotti

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Fonte: Repubblica.it/Tecnologia

ROMA – Il Trentino contro la Apple. Strano a dirsi, ma parte proprio dal nord Italia l’ultima sfida alla multinazionale fondata da Steve Jobs. Al centro della disputa, sulla quale sta indagando l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, meglio nota come Antitrust, la durata della garanzia su iPhone, iPad e gli altri dispositivi prodotti dalla mela. La vicenda è cominciata un anno fa circa, quando il Centro ricerca tutela consumatori utenti (Crtcu) di Trento, denunciò il colosso di Cupertino per prassi commerciale sleale.

“Diverse persone continuano a segnalarci che i distributori di prodotti Apple non rispettano la legge europea e italiana sulle garanzie riconoscendo solo un anno di copertura”, fanno sapere dal Crtcu di Trento. “Tutto ciò è in palese violazione degli articoli 132 e 133 del Codice del consumo che prevedono una durata legale di due anni”. Di qui l’intervento dell’Antitrust, che in un comunicato stampa piuttosto sintetico afferma di aver avviato una procedura nei confronti dell’azienda americana e alla catena di negozi Comet.

“La garanzia è di due anni e su questo non possono esserci incertezze”, dichiara una fonte interna dell’Autorità. Peccato che i termini internazionali della garanzia stabiliti dalla Apple vadano in tutt’altra direzione. Si parla di un anno di copertura, punto e basta. Non solo: l’azienda, a sua discrezione, può riparare il prodotto, sostituirlo, rimborsarlo. Finiti i dodici mesi però il problema non è più suo. Che poi è la tesi dei rivenditori Trentini: “Apple non viola le norme. Queste, infatti, prevedono che nel primo anno dopo l’acquisto le riparazioni spettino al produttore, mentre dal secondo anno, per danni di conformità, al rivenditore”. Solo che certi negozianti, rivenditori esclusivi Apple in primis, si rifiutano di sostituire smartphone o tablet che siano, se sono passati più di dodici mesi.
Dall’Antitrust, in attesa del verdetto finale, sottolineano le direttive chiare della legge. “Non ha importanza se il rivenditore coincide con il produttore o meno (dunque se si è comprato l’iPhone in un Apple Store o da un distributore, ndr). Una volta che l’utente acquista il dispositivo in Italia, quel dispositivo deve essere garantito per due anni. Sarà poi un problema del rivenditore, se diverso dal produttore, stabilire un accordo con quest’ultimo. Ma non è certo una questione che può ricadere sulle spalle del consumatore”.

C’è chi ha sostenuto che in realtà la legge non è poi così chiara come sembra. Eppure, a leggerla bene, di ambiguità non sembrano essercene. Anzi, l’articolo 134 dichiara nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo norme di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata. E questo significa in soldoni che Apple, o chi per lei, può imporre le norme che preferisce altrove, ma se vende in Italia o un altro Paese membro dell’Unione Europea deve rispettare l’estensione di due anni della garanzia.

In attesa che l’indagine si concluda – l’Autorità garante della concorrenza parla di circa due mesi – e che si capisca se Cupertino e i distributori presi in esame dovranno pagare o meno la multa compresa fra i cinquemila e i cinquecentomila euro, la Apple Italia per ora non commenta. Probabile però che sarà costretta a farlo quando l’Antitrust renderà noto il suo parere e l’eventuale sanzione. Perché potrebbe esser costretta ad adottare una politica diversa in Europa da quella che ha deciso di seguire in tutto il resto del mondo.

 

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